Ritratto di Charles Leclerc, il giovane predestinato della Formula 1 alla guida della Ferrari

A soli 22 anni Charles Leclerc ha tra le mani il volante più prestigioso del mondo delle corse, quello di primo pilota della Ferrari in Formula 1. Nel 2019 è stato uno dei protagonisti del Campionato iridato ed è uno dei piloti più attesi della stagione 2020 che prima o poi comincerà nonostante il Coronavirus. I tifosi di tutto il mondo lo hanno già consacrato e nuovo idolo ed i giornalisti italiani gli hanno già attaccato addosso un soprannome come un’etichetta: il Predestinato. Non basta, recentemente è diventato modello ed uomo immagine per Giorgio Armani ed ha debuttato nel mondo del cinema. Ma cos’ha di tanto speciale questo Leclerc? Quali segreti nasconde?
Gli occhi posso dire di più delle parole. Soprattutto in Formula 1 gli sguardi dei piloti possono raccontare più delle classifiche e del cronometro, certamente più delle interviste. Nella F1 moderna, dominata dagli addetti alle pubbliche relazioni e dai responsabili del marketing, le interviste e le dichiarazioni devo essere strategicamente concordate, politicamente corrette, eticamente irreprensibili e poco importa se siano reticenti e sempre uguali. Ma con gli occhi è molto più difficile trattenersi, mentire. Gli sguardi dei piloti, soprattutto appena si sfilano il casco, raccontano tanti retroscena, a patto di saperli osservare.
Quello che più colpisce del giovane Charles Leclerc sono i suoi occhi durante i week end di gara. Uno sguardo sereno, incredibilmente e costantemente sereno, sottolineato da un sorrisetto quasi beffardo sul suo viso quasi imberbe. Ha un grande talento il giovane Leclerc ed anche tanta preparazione tecnica. Due doti ovvie considerando che Charles è pilota titolare della Ferrari e che ha trascorso anni nel vivaio di piloti di Maranello. Ma quel suo sguardo svela due doti ancora più importanti per un vero pilota: la forza mentale e la fiducia in sé stesso.

Charles Leclerc per Giorgio Armani

La differenza tra piloti, campioni e fuoriclasse

L’automobilismo è uno sport di squadra, forse più di ogni altro sport. Un buon pilota deve saper lavorare in sinergia con i meccanici e con gli ingegneri per sviluppare e mettere a punto la macchina ed anche la strategia di gara; In Formula 1 un pilota deve sapersi muovere nella dinamiche politiche, deve saper tenere i rapporti con gli sponsor, con la stampa e con i tifosi. Un pilota per vincere ha bisogno della squadra, deve essere un membro della squadra, un leader. E deve saper domare un numero enorme di variabili. Saper guidare non basta affatto. Servono anche preparazione atletica costante e profonda conoscenza tecnica del mezzo meccanico.
Ma c’è un momento in cui l’automobilismo smette improvvisamente di essere uno sport di squadra. Il momento decisivo, quando un millesimo di secondo fa la differenza tra prima e seconda posizione, tra vincere e perdere, tra entrare nell’Albo d’Oro dei Campioni o rimanere nell’anonimato. Tra vincere una gara, un campionato oppure arrivare secondo e “Il secondo è il primo dei perdenti”, come diceva Enzo Ferrari. Il momento in cui c’è da tentare quel sorpasso al limite, all’ultima curva dell’ultimo giro dell’ultima gara. In quel momento il pilota è solo in pista nella sua macchina, con il mondo che lo osserva, gli avversari che lo attaccano, il rischio di morire in un incidente a 300 all’ora ed un mostro da 1000 cavalli di potenza da domare, magari con le gomme consumate e surriscaldate. In quel momento i meccanici, gli ingegneri ed i fisioterapisti non posso più essere d’aiuto.
Nel momento decisivo il pilota ha bisogno di fiducia in sé stesso e nei propri mezzi, di tanto coraggio, lucidità e forza caratteriale. Proprio quelle doti che si nascondono dietro il sorrisetto e lo sguardo vispo di Leclerc. La fame di vittorie e l’incoscienza dei vent’anni, oltre alla forza mentale e la smisurata fiducia in sé stesso. Queste sono le doti vincenti di Leclerc, perché il talento e la preparazione tecnica non mancano di certo anche ai suoi avversari.
Ogni vero pilota è intimamente convinto di essere il più bravo in assoluto tra i suoi colleghi. Ogni vero pilota è convinto di essere immortale, di poter sfidare continuamente la velocità e la morte e vincere sempre grazie soltanto alla propria abilità. Un vero pilota non ritiene mai di poter perdere o morire, semplicemente non ci pensa affatto. Questa folle certezza distingue i veri piloti dagli autisti, i fuoriclasse dai buoni professionisti. Charles Lecler è così, è evidentemente convinto di essere perfetto, invincibile, immortale.

La favolosa vittoria a Monza, in Italia, davanti al pubblico della Ferrari. La definitiva consacrazione del nuovo idolo

Le corse, gli affetti, la morte

Eppure nella sua giovane vita Charles ha già incontrato la morte almeno 3 volte, la conosce. La morte, oscura signora che aleggia invisibile sulle piste, gli ha già strappato violentemente ben tre persone care. Ma chi conosce Charles sostiene che dall’incontro con la morte lui sia uscito più forte mentalmente, forgiato nel carattere e non traumatizzato né spaventato.
A soli 54 anni di età muore prematuramente il padre di Charles, quel papà che per tutti i piloti è anche il primo manager. Nel 2015 un incidente si porta via Jules Bianchi, un mentore ed un vero fratello maggiore per Charles. Il francese Bianchi era un pilota promettente e membro della Ferrari Driver Academy, morto per complicazioni in seguito all’incidente del Gran Premio del Giappone del 2014 dopo mesi di agonia. Intimo amico e sempre prodigo di consigli, Jules aiuta Charles, di 8 anni più giovane, ad entrare anche lui in orbita Ferrari.
Nel 2019 muore Anthoine Hubert, francese anche lui, collega, amico e coetaneo di Charles. Anche il giovane Anthonie muore in uno schianto in pista, fatalmente proprio durante lo stesso fine settimana in cui Charles riesce a coronare il sogno della sua prima vittoria in Formula 1. Champagne e sangue non si mischiano, il destino infligge un altro dolore a Charles e gli toglie la gioia di festeggiare la sua prima vittoria in F1, il sogno di una vita. Tutto sulla pista di Spa Francorchamps in Belgio, la pista più probante e selettiva per i piloti, la stessa dove anche Michael Shumacher ottenne la sua prima vittoria in F1 e dava il meglio di sé. Coincidenze che danno i brividi, coincidenze da predestinato.

#Charles16 gioisce per la sua prima vittoria in F1, il lutto al braccio sinistro è per Anthoine Hubert

La vita, la carriera, l’ascesa

Charles Leclerc nasce il 16 ottobre del 1997 nel Principato di Monaco da una famiglia benestante anche se non abbastanza ricca da sostenere l’inizio della sua carriera nelle corse. Il colpo di fulmine per le quattro ruote arriva per caso, un giorno in cui il piccolo Charles non ha voglia di andare a scuola. Quel giorno il papà, a sorpresa, lo porta a fare un giro sui kart sulla piccola pista di Brignoles gestita dal padre di Jules Bianchi. In quel momento Charles, ancora in tenera età, comincia a sognare di essere non soltanto un pilota ma un grande campione. Inizia per quel bambino il cursus honorum che tutti i piloti hanno attraversato nei campionati di kart e poi nelle formule propedeutiche. Ma Charles lo fa a modo suo: vincendo, dominando, velocemente. Quel ragazzino monegasco mostra da subito un talento purissimo. Leclerc si mostra subito per quello che è: un predestinato.
A soli 14 anni, nel 2011, entra nella All Road Management (ARM), la struttura di Nicolas Todt, figlio di Jean Todt. L’ARM ha appunto la missione di sostenere la carriera dei giovani e talentuosi piloti nel motorsport e Nicolas Todt è un manager molto abile, influente e rispettato, non soltanto grazie al cognome che porta. Nel 2016 Leclerc si guadagna un’opportunità ancora più grande: entra nella Ferrari Driver Academy, il vivaio della Rossa dove i piloti vengono selezionati ma anche istruiti di tutto ciò che devono sapere e saper fare, con l’obbiettivo di arrivare ad essere un giorno campioni del mondo al volante della Ferrari. Nel 2017 Leclerc vince, dominando come nel suo stile, il campionato di Formula 2. L’anno successivo, nel 2018, esordisce in Formula 1 come pilota titolare della Sauber – Alfa Romeo e l’anno seguente, a soli 21 anni ed al secondo anno nella massima serie dell’automobilismo, viene promosso in Ferrari: pilota titolare del Cavallino Rampante nella massima categoria mondiale dell’automobilismo. Il più grande sogno ma al contempo la più grande responsabilità immaginabili per un pilota, ottenuti con un’ascesa velocissima.

Leclerc, con il numero 16, durante le Qualifiche del Gran Premio d’Italia a Monza nel 2019

Un ragazzino diventato pilota e poi uomo

Leclerc ha imparato a non dire mai una parola fuori posto ma sa anche disobbedire al momento opportuno. Per imparare a vincere ha dovuto imparare anche a soffrire, a sopportare di tutto.
Fuori dalle piste il giovane Charles si comporta esattamente come ci si aspetta da un ventenne che guadagna milioni e milioni di euro: usa tanto i social network, sfoggia lusso, vestiti firmati, amicizie vip e vacanze in luoghi esotici, concede spesso e volentieri selfie ai fan. A guardarlo su Instagram sembra quasi più una star del cinema che un’atleta ma questo è l’archetipo della nuova generazione di piloti in F1. Il tutto, però, con un’innata classe ed una certa eleganza che mancano ai suoi colleghi e che sono utili se non d’obbligo a Montecarlo come a Maranello.
C’è un’altra dote, rara e preziosa per un pilota, che Leclerc ha mostrato di possedere: la capacità di riuscire a guidare appena oltre i limiti della macchina, di riuscire a tirare fuori qualcosa più del 100% della velocità potenziale della monoposto, la capacità di guidare talmente veloce da rischiare di sbandare e schiantarsi ad ogni singola curva, riuscendo poi a portare la macchina al traguardo intera per apparente fortuna e soprattutto davanti a quelle di tutti gli avversari.
Una sensibilità che fa parte dell’istinto del pilota e che nessuna Academy può insegnare. Una dote fondamentale, anche questa decisiva nelle lotte all’ultimo sangue contro gli altri campioni, quando un millesimo di secondo fa la differenza. Decisiva come nelle 7 Pole Position che #Charles16 ha conquistato nel 2019, soprattutto quelle di Spa e Monza. Nessuno, nemmeno Hamilton nello stesso anno ha conquistato più Pole Position. Un vero animale da velocità che però sa anche ragionare.

Una folla oceanica festeggia la vittoria di Leclerc a Monza con la Ferrari

Charles, uomo Ferrari

Il colore rosso gli sta bene, è abituato ad indossarlo: prima della tuta della Ferrari Charles ha indossato quella dell’Alfa Romeo e prima ancora quella della Prema Powerteam, la squadra italiana con cui ha corso e vinto in F2.
Probabilmente il ragazzino deve ancora maturare un po’ prima di diventare Campione del Mondo ma nel 2019, a 21 anni, al suo secondo anno in F1 nonché al suo esordio sulla Ferrari, ha già mostrato le sue potenzialità al volante della Rossa ed ha surclassato il suo compagno di squadra molto più esperto di lui, il 4 volte Campione Sebastian Vettel. La Ferrari ha deciso di puntare su di lui per il futuro e lo ha messo sotto contratto fino al 2024 rinunciando a Vettel. Leclerc si è guadagnato velocemente l’amore spassionato dei tifosi e le speranze del futuro della Ferrari sono riposte in lui. Responsabilità enormi che non sembrano schiacciarlo, anzi lui continua a sorridere.
Una citazione di Enzo Ferrari, pronunciata a suo tempo a proposito di Gilles Villeneuve, oggi calza a pennello a Charles Leclerc: “Amo pensare che la Ferrari può costruire piloti quanto macchine”. Il giovane monegasco è cresciuto nella Casa di Maranello ed ha la stoffa del campione, probabilmente sarebbe piaciuto tanto anche al vecchio Ferrari.

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